Una tazza di consapevolezza

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Una tazza di consapevolezza

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Ogni cosa è capace di rivelare noi a noi stessi.
Come mangiamo.
Come parliamo.
Come trattiamo gli altri. 
Come amiamo.
Come manifestiamo la rabbia.
Tutto, tutto, tutto è una porta verso la conoscenza di noi stessi.
Il cibo, ad esempio, ci può parlare di ciò che si muove in noi in un determinato momento.
Non so se vi è capitato di mangiare male, nelle modalità e nella sostanza (divorando freneticamente davanti alla tv un mega pacco di patatine!): sapete se lo avete fatto per stanchezza, rabbia, per solitudine ecc.? 
Ecco, questo è ‘sentire ciò che si sente’ attraverso la scelta del cibo.
Vi è capitato di urlare, di essere bruschi?
Vi siete chiesti il perché di tale atteggiamento?
Se lo avete fatto è perché state cercando la vostra via alla consapevolezza e dunque alla felicità.
Se non lo avete fatto, attenzione, potreste aver selezionato la modalità del pilota automatico nella vostra mente e nel vostro cuore: chiaro segnale di una deriva verso l’accomodamento all’infelicità.

Ciò che permette di varcare le mille porte che si aprono durante i nostri giorni sulla conoscenza di noi stessi è la consapevolezza, quella che gli antichi monaci chiamavano “attenzione spirituale”. 
Alla consapevolezza ci si allena ed ogni allenamento prevede una fatica, uno sforzo, una disciplina.
Ma la disciplina, termine che ci fa sempre storcere un po’ il naso per i connotati che gli abbiamo dato, non è che una regola di ingresso per la felicità.
Una mappa.

Nella meditazione si sviluppa l’arte della consapevolezza perché si abbassano gli stimoli e ci si apre ad una comprensione profonda delle cose ed anche ad una differente fruizione delle cose informata dal grande spartiacque del ‘adatto per il mio compimento/non adatto al mio compimento’.
Ed è così che, velo dopo velo, cadono le resistenze dell’io e si spalancano gli scenari del sé.
Conoscere se stessi, abbandonare l’ego per andare verso la nostra vera natura è un percorso infinito ed ogni tappa è un nuovo inizio.
Conoscersi implica anche essere compassionevoli con se stessi: 
so che il Pane della mia Vita è di origine divina,
ma nella stanchezza accetto di mangiarmi una patatina, consapevole dell’uso di quel cibo. 

Se sapete quel che fate siete beati!

Marianna

N.B.
In foto ciliege colte dall'albero grondante dell'orto di famiglia 🍒💚

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